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fare, non ho un talento in particolare, non sono
nata che sapevo disegnare, o suonare o altro. Poi sono
una ragazza: viaggiare per me è diverso.»
La storia dell'autostrada l'avevo già sentita altre volte.
Io e Francesca in quel periodo eravamo simili in tante
cose e sicuramente ci accomunava quella caratteristica
che appartiene alle persone mediocri: avere una serie
di frasi o concetti che, siccome ci piacevano, tiravamo
fuori spesso per sembrare acuti. Quella frase, per esempio,
ai tempi ci sembrava veramente frutto di grande intelligenza.
Riascoltarla da un'altra stanza invece mi faceva
così tristezza.
«Cioè, tu non hai un sogno, una cosa che vuoi o volevi
fare?» le ha chiesto Federico.
«Sì, uno ce l'ho. È quello di farmi un giorno una famiglia.»
«Fare una famiglia non è un sogno. Le famiglie si dovrebbero
fare per condividere con qualcuno che si ama
il proprio sogno. Altrimenti le persone diventano funzionali
a qualcosa, diventano dei mezzi e non possono
essere ciò che sono. Come ha fatto mia madre: non mi
ha mai visto come una persona con i suoi desideri, i
suoi tempi, i suoi gusti. Spesso la famiglia diventa il rifugio
di chi non è riuscito a fare altro.»
Francesca si è trovata spiazzata da quella risposta:
quando si mette in mezzo la famiglia, una storia d'amore
e dei figli, di solito nessuno ribatte. E poi ripetere
una frase che dicono in molti ti fa sentire tranquillo come
se la tua voce fosse in un coro. Si è protetti dalla voce
degli altri.
«Da qualche parte dentro di te ce l'hai anche tu una
cosa che vuoi fare, che vuoi esprimere. Non lo sai solo
perché non ci hai mai pensato veramente. Può anche
darsi che tu non abbia un talento, ma sicuramente
avrai delle capacità, magari semplicemente in passato
non hai trovato persone che ti abbiano aiutato a crederci.
Oppure sei anche tu "la maratoneta".»
«Cioè?»
«Fai conto di essere una maratoneta. Stai correndo
con i tuoi amici e le tue amiche. A un certo punto capisci
di avere una buona gamba, un bel passo, di poter andare
più veloce, e allora decidi di seguire questa tua forza.
Di convertirti al tuo talento. Dopo un po' che corri, ti accorgi
di aver staccato il gruppo. Ti giri e ti scopri sola.
Loro sono indietro, tutti insieme che ridono, e tu sei sola
con te stessa. Siccome non riesci a reggere questa solitudine,
rallenti finché il gruppo ti raggiunge e, negando
il tuo talento, fingi di essere come loro. Rimani nel
gruppo. Ma tu non sei così, non sei come loro. Infatti
anche lì in mezzo ti senti comunque sola.»
Federico è stato il primo a vedere la Francesca nascosta
dietro quella che vedevano tutti. La persona che è
diventata adesso. Lui è andato subito nel suo centro più
profondo.
Francesca si è sentita nuda davanti a lui e in quel momento
le uniche parole che è riuscita a dire sono state:
«Beh, grazie. Ma mi sa che ti sbagli. Io non sono una
gran maratoneta...».
La cena è stata meravigliosa, abbiamo parlato di tutto.
Anche il pollo era cotto a puntino. Abbiamo riso
molto anche quando Francesca ci ha confidato una cosa
sul suo ginecologo, poi diventato ex ginecologo. Qualche
anno prima, dopo una visita, le aveva chiesto di
uscire insieme. Ma Francesca ci ha detto che in quell'ultima
visita lei aveva sentito qualcosa di diverso
mentre lui la toccava. Abbiamo parlato di sesto senso
femminile, e di come comunque la sessualità sia diversa
nell'uomo e nella donna. Tutto l'apparato sessuale
dell'uomo sta fuori mentre quello della donna è dentro:
per questo io sostenevo che per una donna è difficile
fare l'amore con la stessa facilità con cui lo fanno gli
uomini. È molto più facile andare a casa di una persona
che invitarla nella propria. A me non piace fare entrare
chiunque a casa mia. A questa mia teoria ci credevo
molto e loro mi hanno preso in giro. Ai tempi faceva
parte di quelle famose riflessioni che sfoggiavo con
vanto. Invece a un'amica di Francesca era successa la
stessa cosa con lo psicologo, allora abbiamo cercato di
capire quale delle due situazioni fosse più fastidiosa:
uno che si intrufola nei meandri della tua mente o uno
che entra nella tua patata?
Francesca probabilmente non è bella come la descrivo
o la vedo io, comunque è oggettivamente molto carina e
quando quella sera le abbiamo chiesto: «Se ci ha provato
il ginecologo, allora, visto che lavori in un bar, chissà
quanti uomini ci provano...» lei ci ha risposto: «A parte
Michele e gli uomini sposati, non molti».
«Perché, tu attiri gli uomini sposati?» le ho chiesto.
«No, non sono io che attiro gli uomini sposati, ma in
qualsiasi posto di lavoro di fronte a una donna gli uomini
sposati sono i più scatenati.»
«A proposito, lo sai che io e Francesca tra due giorni
andiamo a un matrimonio? Indovina chi si sposa.»
«Boh...»
«Mio cugino Luca e Carlotta.»
«Si sposano? Ma non erano in crisi un anno fa?» Me
l'ha detto con un sorriso da paraculo.
«Si è risolta. Se vuoi gli dico di invitarti. Non lo sapevano
che tornavi.»
«No, non importa. Li chiamo per fargli gli auguri,
però.»
«Ti ricordi quando siamo scappati da casa tua per andare
alla festa di Carlotta?»
«Mi ricordo più che altro le sberle di mio padre.»
«Fortuna che il padre era tuo, sennò le prendevo anch'io.»
Giuseppe si era accorto della fuga ed era venuto a
prenderci urlando, facendoci fare una figura di merda di
fronte a tutti. Ci hanno presi per il culo una vita. Il giorno
dopo suo padre nel pomeriggio era andato a dormire,
chiedendo a Federico di svegliarlo alle sei perché
aveva un appuntamento di lavoro importante. Ma dopo
la figura di merda della festa Fede non gli parlava più e
allora era entrato nella stanza e gli aveva lasciato un biglietto
con scritto: "Svegliati! Sono le sei".
Giuseppe si era svegliato alle otto. Altri schiaffi.
Durante la cena abbiamo raccontato a Francesca anche
un po' di scherzi che avevamo fatto. Come quella
volta che avevamo svuotato un fustino di detersivo nella
fontana della piazza: dopo pochi minuti era tutta piena
di schiuma fino al casello dell'autostrada. O quando
avevamo legato con il lucchetto la bicicletta del metronotte
al palo mentre lui era andato a mettere i bigliettini
alle saracinesche dei negozi.
Se invece volevamo tirare uno scherzo a qualcuno
con cattiveria, perché ci aveva fatto qualcosa di grave, si
faceva la "macchina delle occasioni": si prendono un
po' di oggetti che non si usano più come ciabatte, occhiali
da sole, dischi, bicchieri, piatti eccetera, e si incollano
con l'Attak sul cofano, sulle portiere e sul tetto. Ma
uno deve veramente essere stato stronzo per meritarsi
questo. Noi lo avevamo fatto solamente una volta.
Lo scherzo più bello però, e quello più riuscito, era
quello della "macchina in doppia fila".
Un giorno, sotto casa mia, c'era una macchina in seconda
fila che impediva a un'altra di uscire.
In piedi un signore robusto dall'aria infastidita strombettava
con il clacson, probabilmente aspettava da un
pezzo. Era tanto tempo che sognavamo di farlo, ma
non era uno scherzo facile, perché bisogna trovare l'occasione
giusta. Ci sono una serie di cose che devono
combaciare. Quella era la situazione perfetta, per questo
è diventato il nostro scherzo migliore, quello meglio
riuscito.
Fede si era avvicinato all'automobilista incazzato e
aveva finto di essere il proprietario della macchina in
doppia fila.
«... e basta suonare! Hai rotto il cazzo, mi hai sfondato
le orecchie!»
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