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all'obitorio, e che non ce l'avrei messo in vita mia e non ero al corrente se qualcuno si
fosse scopato i defunti oppure no. Va bene tutto, ma l'accusa di mortanismo non me
la potevano affibbiare, canaglie! Per una cosa così ti danno più anni che per una
violenza carnale su una viva! Perché, dici? Cara vecchia spugna, chiediglielo tu al
pubblico ministero perché di circonvoluzioni cerebrali ce ne hai una sola e per di più
sul culo, anzi non è nemmeno una circonvoluzione, è una linea retta. Non
interrompermi, pirlone! Continua a sbevazzare e stammi a sentire... Arrivò di corsa il
professore, urlò: "Gli oscurantisti siete voi!" E allora il vicedirettore prese dal
fuochista un piccone e con un ampio movimento del braccio crash! sulla fica
artificiale!
«Non bisogna usare le finanze del popolo per comprare questi baracconi!»
disse il vicedirettore, mi strappò la sborra dalle mani e la gettò, verme schifoso, dalla
finestra. Da questo dedussi che non era il vicedirettore, ma il direttore in persona di
tutto l'Istituto. Infatti era così. Kimza a un tratto sbottò a ridere, e anche il professore,
Vlada Jur'evna accennò un sorriso. Ormai c'era un bordello di gente che affollava la
stanza. Il professore urlò:
«Scimmioni! Trogloditi! Dovete vergognarvi di fronte ai vostri geni!»
«Noi, mi consenta, non ce li abbiamo. Noi abbiamo le cellule, non i geni!» gli
rispose a tono il vicedirettore. «Riconosce di aver sbagliato?»
Dopo stilarono un messaggio di saluto per qualcuno, raccolsero le firme per un
contributo da dare allo stato, poi fui chiamato a presentarmi alla seduta della
commissione scientifica. E quel momento segnò una svolta nel mio destino, tolsero la
merda di cane da sotto le foglie autunnali. Anzi, la buttai via io con le mie proprie
mani. Ma andiamo con ordine. Mi piazzarono vicino a un tavolo verde e tenevano gli
occhi fissi su di me. Dissero che mi avrebbero fatto qualche domanda, e più io dicevo
la verità più mi sarebbe andata bene, in quanto uomo semplice e onesto rimasto
vittima dei nemici della biologia. Cominciò a fare le domande il vicedirettore.
«In che rapporti erano Kimza e la Molodina? Era lui a scriverle la tesi di
dottorato? Rimanevano spesso da soli?»
Ma andiamo con ordine. Ti rappresento la scena dell'interrogatorio.
«In rapporti» dissi «scientifici. Davanti a me non facevano all'amore.»
«Ha sentito dire dal professore che i collaboratori della Lepeainskaja non sanno
far altro che inquinare l'aria?»
«Non ricordo. Tutti inquinano l'aria. Solo che alcuni lo fanno apertamente, altri
di nascosto.»
«Lei si è mai permesso di formulare analogie offensive nei confronti di
Mamlakat Mamaeva?»
«No, non mi sono mai permesso, la rispetto da quando ero piccolo. Possiedo
anche un ritratto.»
Sgamai subito che la delazione era opera di una delle aiutanti. Non poteva
essere che quella carognetta di Valentina.
«È vero che Kimza le ha promesso una parte del premio Nobel?»
«No, non è vero.»
«Chi ha fatto previsioni pessimistiche sul futuro del nostro pianeta?»
«Non ricordo.»
«Come si poneva nei confronti del bombardamento del suo sperma da parte dei
neutroni, protoni ed elettroni?»
«Con compassione.»
«È vero che Kimza le ha promesso che avrebbe fatto di lei il progenitore di una
nuova umanità?»
«E io che cazzo ci guadagno?» lanciai un urlo. «Insomma volete che sia io a
pagare per tutti?»
«Non dica parolacce. Sappiamo bene che lei è soltanto una vittima. Cos'ha
detto il professore a proposito della definizione staliniana di nazione?»
«Per me sono tutte brave persone, basta che non testimoniano il falso in
tribunale. Giudeo o tataro, per me fa lo stesso.»
«Perché ha gridato più volte? Si sentiva male?»
«Al contrario, mi sentivo bene.»
«Le hanno mai proposto di sottoporsi alla vivisezione?»
«No, mai.»
«Sa cos'è la vivisezione?»
«No, è la prima volta che ne sento parlare.»
«In cosa consisteva la sua... le sue mansioni?»
«Quello che dovevo fare era tirarmi una sega e donare la sborra. Non so altro.
Agivo al comando: attenzione... orgasmo! Appena lo sentivo, facevo lavorare il mio
pistone a pieno ritmo.»
«Qual era l'atteggiamento dei collaboratori del laboratorio nei confronti di
Mendel?»
«Esclusivamente negativo. Nelli ha detto addirittura che a Taakent lui e i suoi
compari in tempo di guerra avevano pagato degli uzbeki perché andassero al posto
loro in una città che si chiamava Auschwitz. Il fatto è che gli uzbeki sono gente pigra.
Di fare la guerra non hanno voglia, ma se si tratta di farsi uccidere, sempre pronti.»
«Chi era a propugnare il morganismo?»
Ora comincia il bello, pensai, e mi tornò in mente di quando Vlada Jur'evna mi
aveva detto: "Nikolaj, che cosa succederebbe se Tizio all'obitorio scoppiasse in
singhiozzi ogni volta che vede un cadavere?" Cominciai a tergiversare.
«Cos'è questa roba, mortanismo?»
«Meglio che lei non lo sappia. Chi ha parlato bene dei cosmopoliti?»
«E chi sono? È la prima volta che ne sento parlare.»
«Dei degenerati! Gente per cui non esistono confini.»
Siamo fottuti, pensai, bisogna avvertire il gratta internazionale, stasera.
«Quante ore durava la sua giornata lavorativa e quanto alcol le era necessario
per effettuare il suo lavoro?»
Be', pensai, è venuto il momento di prendere provvedimenti. Bisognava
inscenare una commedia. Cominciai a tremare, trattenni il fiato fino a diventare viola,
corsi all'altra estremità del tavolo e splash, versai sul muso del vicedirettore il
calamaio pieno d'inchiostro. Era fatto a forma di mappamondo, il calamaio. Splash, e
via con l'attacco di epilessia. Caddi, mi misi a ringhiare, mi feci venire la schiuma
alla bocca. Dimenavo le gambe, diedi un calcio alle palle del capo del personale,
qualcuno urlò:
«Bisogna tirargli fuori la lingua sennò soffoca, tenetegli aperta la bocca,
infilategli subito tra i denti qualcosa di metallico!»
Qualcuno mi ficcò tra i denti un orologio da tasca. Spostai in avanti la
mandibola e l'orologio cessò di ticchettare. Roteavo gli occhi come un ossesso.
Un'epilessia ad altissimo livello, degna delle scene del "Piccolo". Ci misi un tale
entusiasmo, mannaggia a me, che andai a sbattere la nuca contro una cazzo di gamba
del tavolo, e a poco a poco cominciai a chetarmi. Intanto gli altri intorno a me
conferivano, volevano lavare i panni sporchi in casa e non dare la notizia in pasto
all'Occidente. Chiamarono un'ambulanza.
«Non me lo sarei mai aspettato da mia moglie,» proferì il vicedirettore con il
muso e la camicia tutti sporchi d'inchiostro, «sebbene avessi intuito che ci doveva [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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